sabato 19 dicembre 2015

Bellezza tra mito, storia e realtà.


Gli Déi erano a banchetto sull'Olimpo, quando, sul più bello, sulla loro tavola scivolò un pomo (che sarà ricordato come quello della discordia) sulla tavola con la scritta "alla più bella". Le contendenti, notoriamente, erano tre: Afrodite, per i romani Venere, di cui ricorrevano anche i festeggiamenti con l'onorifico titolo di "Meretrix", nata dalla spuma del mare e la cui bellezza si riferiva direttamente ed esplicitamente alla lussuria; Athena, per i romani Minerva, partorita dal cervello di Zeus (Giove), incarnazione razionale della bellezza; ed infine Giunone, bellezza muliebre. Tre bellezze diverse, o meglio tre diverse angolazioni o parametri con cui guardare alla bellezza. E così è rimasto nel corso dei secoli e dei millenni sino ai nostri giorni. I diversi parametri hanno poi eretto diversi ideali di donna, la cui connotazione si aveva la pretesa di 


imporre alle donne in carne ed ossa. Le più rispondenti ai parametri di volta in volta posti erano poi più celebrate al punto di connotare l'imago femminea del proprio tempo: abbiamo avuto così la Venere di Milo, l'Athena di Fidia, sino alle più recenti e di cui si è perciò potuto conoscere il modello originario in carne e ossa: Marilyn Monroe, Lauren Bacall, Ilona Staller, Moana Pozzi e tante altre. Alle dispute olimpiche fanno da contr'altare su questa terra realtà umane anche psicologiche similmente miserande le quali sono poi quelle che portano all'attuazione concreta delle delibere di guerra degli olimpi: chi conosce - in senso biblico, si capisce - la femmina più femmina è, eo ipso, il maschio più maschio e così Paride rapirà Elena dando inizio 


alla guerra di Ilio ed al complesso psicologico che dalla bella troiana prenderà - con Freud - il nome. Ma, al di là delle tre tipologie viste, esiste un criterio antropologicamente naturale per la bellezza? La risposta è positiva e la sua dimostrazione scientifica è da Freud, anche se la cosa era nota già pure agli antichi, specie ad Aristotele: la Bellezza è Vita nel suo senso più pieno. Dunque la pienezza della maturità e della vigorìa psico fisica ed intellettuale. E' in antitesi ad essa che si pone la bruttezza, sinonimo di morbosità e perciò di limite e negazione della Vita, ovvero morte. Attrazione psichica per la Vita, ripugnanza per la malattia e la morte. I fisici filiformi di tante modelle e 


modelline assai cari a molti stilisti (cosa che la dice lunga sulla loro realtà psicosessuale), appartengono alla morbosità e non alla realtà antropologica di bellezza e non sono naturalmente attraenti per una persona psicosessualmente normale, come pure non lo sono i fisici alla Botero. La Venere di Milo, l'Athena di Fidia, la Monroe, la Bacall, la Staller, la Pozzi ci rientrano però tutte e così torniamo alla disputa antica. E poi, perché Venere Meretrix non deve poter avere un Q.I. da genio ed una cultura altrettale? Gl'esempi reali non mancano - a cominciare proprio dalla Monroe, studiosa di filosofia ed accanita lettrice di Joyce - e la cosa risolverebbe la quaestio.
francesco latteri scholten.

giovedì 17 dicembre 2015

Giuseppe Prinzi e la Scuola artisticoalchimistica di S. Stefano di Camastra.


Classe 1962, Giuseppe Prinzi è uno dei più brillanti figli della piena maturità artistica del Maestro Ciro Michele Esposito, ovvero di colui che ha portato l'Arte e la Ceramica stefanesi all'attenzione delle platee internazionali a partire dagl'anni '50. Le espressioni estetiche e stilistiche affondano perciò le loro radici nei grandi Maestri di Faenza, Domenico Rambelli ed Anselmo Bucci, e l'ispirazione filosofica in Gaetano Ballardini e, soprattutto, Maurizio Korach (che ne è anche il Maestro "tecnico"). L'opera scultorea di Giuseppe Prinzi - e basta un semplice affiancamento visivo - ne è non solo testimonianza palese, ma anche concrezione di una maturità ed autonomia artistica pienamente raggiunte. Estetica e Stile di Esposito, Rambelli e Bucci trovano estrinsecazione in una sintesi 


personalissima, che conserva gl'archetipi alchimistico junghiani eredità di Korach - si vedano il bellissimo "Totem" ma anche "Malinconia", "Afrodite", "Maternità" - per volgersi poi alla Metafisica del Soggetto e della soggettività, che il modo più proprio in cui è possibile definire l'Arte di Giuseppe Prinzi. La ricerca del "Volto" e della sua espressione e, della concrezione in questa degl'archetipi. L'evidenza è data da "Adamo ed Eva", e, quella fatta dall'artista di Mistretta ne è forse la rappresentazione artistica più veritiera: Adamo "vede" attraverso, o meglio, tramite Eva. E' la tipologia psichica ed archetipica dell'amore immaturo, alter ego della dissolvenza di uno dei soggetti nell'altro, immaturo anch'esso, che ne impedisce il conseguimento della piena maturità psichica personale, 


 ovvero la cacciata dal "paradiso". Agli antipodi c'è invece una scultura, "Malinconia" e qui, come già in quella di Duerer, Giuseppe Prinzi riesce a trasmettere quello che Sartre a proposito del primo aveva definito "senso metafisico della finitudine", rovescio della medaglia della piena maturità psichica ed inscindibilmente ad essa legato. La negazione tramite violenza esterna dell'espressione fisica della piena maturità psichica, ovvero della propria bellezza fisica è raffigurata invece mirabilmente nella "Medusa", opera tecnicamente di grande pregio. Ma, tramite Korach, Jung insegna che gl'archetipi fanno parte di un collettivo, sono comuni e così spesso i volti di Prinzi sono contemporaneamente più d'uno si vedano i bellissimi "L'Occhio", "Trinità", ma anche gl'oli su tela "Incubo" e "Rinascimento Siciliano". Insomma, una compiutezza artistica che oggi in piena maturità si ripropone, come già per Rambelli, Bucci ed Esposito ad un pubblico anche internazionale.
francesco latteri scholten

mercoledì 16 dicembre 2015

Ciro Michele Esposito: un Maestro Alchimista a S. Stefano di Camastra (ME). Ristampa.


Sebbene chiunque lo associ alla fondazione dell'arte ceramica in S. Stefano di Camastra ed alla sua scuola, Ciro Michele Esposito era nato a Grottaglie, in Puglia, nel 1912. Ebbi l'onore di incontrarlo qualche tempo prima della sua improvvisa scomparsa nel 1991: in una bella giornata di sole mi fece visitare gl'ateliers di alcuni ceramisti suoi ex allievi, l'Istituto Artistico (oggi Liceo Artistico) a lui intitolato e, soprattutto, mi illustrò diverse sue opere significative ivi esposte. La bellezza e l'amore dello Spirito Creativo, la sua pulsione al continuo superamento di sé, sia estetico che tecnico... la Passione. Eppure in queste opere vi è qualcosa che attira e trascina e che va oltre l'estetica e la tecnica, e, che al tempo stesso è "prima". E' come stessero lì a 



manifestare qualcosa che invero è già in noi quale Archetipo. Ed invero tra gl'Archetipi di Karl Gustav Jung - il più grande alchimista del Novecento - e Ciro Michele Esposito un legame c'è, e segnatamente c'è un luogo, Faenza (capitale italiana dell'arte ceramica e della sua scuola) e due personaggi d'eccezione: l'ungherese di cultura tedesca e di origine ebraica Maurizio Korach e Gaetano Ballardini. Il primo, nato nel 1888, tecnico ceramico ed ingegnere chimico, era giunto a Padova nel 1911 per trasferirsi a Faenza dopo il primo conflitto mondiale. Lì aveva insegnato tecnica ceramica. Ma Korach, allievo di Vincenzo Wartha, era una personalità assai ecclettica, era ad es. anche germanista ed era legato all' Alchimia, da un lato, 



tramite la chimica alla tradizione alchemica "materiale", dall'altro a quella "Spirituale" che aveva all'epoca in Jung il suo rappresentante più illustre. E, proprio ai "Colloqui di Eranos" di Jung, iniziati grazie ad Olga Froebe Kapteyn su ispirazione di Rudolf Otto, capiterà poi di partecipare anche a Maurizio Korach. Ciro Michele Esposito giunge a Faenza diciasettenne, ovvero nel 1929, 4 anni dopo che Korach si è trasferito all'Università di Bologna, quando a Faenza è direttore Gaetano Ballardini che sarà il "Padre per l'ispirazione artistica" (ma anche riferimento "spirituale" ed affettivo) riconosciuto di Ciro Michele Esposito e per il quale quest'ultimo sarà come un figlio. Tuttavia l'influsso di Korach sulla scuola di 



Faenza, sotto diversi e molteplici aspetti, fu notevolissimo come del resto aveva pubblicamente riconosciuto lo stesso Ballardini già nel 1922. Il legame di Ballardini con Korach da un lato e con Esposito dall'altro, porta a conoscenza e vicinanza tra i due. E' il 1938 a segnare le separazioni: Maurizio Korach a seguito delle leggi razziali deve lasciare l'Italia ma vi tornerà clandestinamente tra le fila dei partigiani e partigiano anche lui; Ciro Michele Esposito giunge a S. Stefano di Camastra nei Nebrodi a dirigere la Scuola di Ceramica; Gaetano Ballardini rimane a Faenza. Con Korach, dopo il secondo conflitto mondiale, Ciro Michele si incontrerà proprio a S. Stefano di Camastra, in occasione di un viaggio in Sicilia di Maurizio prima del rientro in Ungheria. I due Maestri, Gaetano Ballardini e Maurizio Korach, plasmeranno in modo indelebile i modelli, le tipologie e l'espressione artistica e la tecnica di Ciro Michele Esposito. La matrice archetipica, a prescindere da genealogie e paternità artistiche, è del resto ben visibile in tantissime opere del Maestro di S. Stefano di Camastra: da "la famiglia", a "bombolo mascherone", a "Le stagioni", "Maternità", "Gatto rosso", "Gallo sole", al bellissimo "Leda col cigno" e tante altre. Tutte ispirano ed attraggono alla trascendenza, ma in tutte è manifestato qualcosa che è già prima...
francesco latteri scholten

Sicilia arte: la Piramide del 38° parallelo di Mauro Staccioli.



Andando da Messina a Palermo, sia in auto che in treno, non si può fare a meno di vederla, sull'altura sovrastante l'antica Halaea, l'attuale Tusa. Per raggiungerla c'è ancora qualche problema di viabilità e la mia vecchia Panda si è mostrata involontariamente il veicolo adatto, ma ne vale abbondantemente la pena. L'orizzonte mozzafiato che si apre nei pressi dell'ultima opera della "Fiumara d'arte" - il più grande museo all'aperto d'Europa - proietta immediatamente nella concezione del suo fondatore, Antonio Presti, della vastità, dell'assonanza imprescindibile di esteriorità ed interiorità, di Arte e Spirito e della loro concrezione spazio temporale: la Piramide - un tetraedro di 30 metri realizzato in acciaio cortex che gli conferisce il caratteristico colore - collocata spazialmente sul 38° parallelo è stata inaugurata anche in un tempo 


specificamente collocato, da sempre, per la storia dell'umanità: il giorno del solstizio d'estate, il 21 giugno, giorno della vittoria della Luce sulle Tenebre. E' una data che si vuole ripristinare con il "Rito della Luce" cui partecipano artisti ed intellettuali e la cui ultima edizione - 2014 - ha contato ben 5.000 partecipanti. Al tempo stesso la si vuole sottolineare lasciando che sia l'unico giorno in cui - sempre dall'alba al tramonto - è possibile visitare l'interno dell'opera di Mauro Staccioli. Arte, ma anche canti, danza, poesia e meditazione Yoga si irradiano così dall'alto della fiumara d'arte di fronte alle isole Eolie ormai da alcuni anni. Il rito celebra Luce e Conoscenza, sempre diverso e sempre eguale... Si ricostruisce così allora anche qui sopra Halaea quello Spazio Sacro in cui può irrompere il Tempo 


Sacro da sempre connotazioni - come già giustamente osservava Eliade in "Sacro e Profano" - della dimensione propria di tutte le spiritualità. Spazio e Tempo che scandiscono l'esistere della natura e dell'umano. In proposito l'affermazione di Presti è assonante: "In una società che ha smarrito ogni senso di dignità e Bellezza voglio restituire un momento di ritualità, che nella sua semplicità sia capace di parlare, non solo ad artisti e intellettuali, ma al cuore della gente. I riti legati al culto del sole, che a livello microcosmico riproducono la struttura dell’intero universo, sono stati praticati dalle antiche popolazioni di qualsiasi latitudine in momenti di grave crisi o grandi carestie; momenti in cui si avverte il bisogno di rigenerare il mondo, avviando un processo di nuova creazione. E mai come in questo momento, credo che il mondo abbia bisogno di una luce rigeneratrice. Se penso poi che ogni nascita, viene definita come venire alla luce, spero che chi è venuto alla Piramide abbia potuto attingere alla forza per una rinascita interiore". Guardandola e guardandosi intorno l'opera di Mauro Staccioli è pienamente riuscita...
francesco latteri scholten.