Sono tantissimi e nei più disparati generi artistici - dalla fiction ai cartoons, alla musica, ai videoclips - ad essersi confrontati con la celebre "favola per adulti" di Lewis Carroll. Tra i nomi, due si stagliano alti: quello di Salvador Dalì per l'interpretazione artistica e quello di Gilles Deleuze per l'interpretazione filosofica. "Alice nel Paese delle meraviglie" infatti, probabilmente più di qualsiasi altra opera, si distacca dalla concezione sia ordinaria che accademica di quello che è il Senso, il Significato, la Logica. Quel che è peggio, è che non lo fa da "enfant terrible" con la pretesa di metterli in discussione, bensì senza pretese, anzi senza neppure l'intenzione di volerlo fare, ma semplicemente cercando di creare un mondo a sé ex novo: una favola. Una favola in cui tutto è altro: il divenire che pone la duplicità di Cronos ed Aion, la causalità che subito si rivela doppia, la genesi e la statica, i fantasmi, la sessualità e tant'altro. Salvador Dalì per le sue connaturazioni è stato l'interprete più adeguato per la raffigurazione pittorica dell'opera di Carroll con un lavoro
forse più facile di quello di Deleuze che invece cerca di confrontarsi ad essa con la Filosofia. Ma, se come qualcuno ha detto, 2000 anni di Filosofia altro non sono che una nota in margine a Platone, allora è con Platone che ci si deve confrontare. Ed il confronto è terrificante perché Alice, forse inconsapevolmente (ed è peggio), fa ciò che aveva già fatto Nietzsche: disvela che il Pensiero, la Logica (e paraltro l'aveva detto anche lo stesso Platone) o fugge o perisce. "Non è forse - osserva Deleuze su Nietsche - secondo altre dimensioni che l'atto di pensare si genera nel pensiero e che il pensatore si genera nella vita? (...) bisogna giungere ad un punto segreto in cui la stessa cosa sia aneddoto della vita ed aforisma del pensiero." (Deleuze, Logica del senso, Feltrinelli). Acutamente Gilles Deleuze osserva come Alice evidenzi che le superfici di per sé siano piatte, monodimensionali, e come il loro senso sia invero conferito dalle profondità di cui esse sono superficie. Ma proprio questa era stata la grande scoperta di Nietzsche, la
profondità avuta dalla conquista delle superfici: "Quanto profondi erano questi Greci a forza di essere superficiali!" (Nietzsche, contro Wagner). C'è un Quid che si staglia però oltre, oltre le superfici ed oltre le profondità e che si svela con e dopo di esse e che "impone un riordinamento di tutto il pensiero e di tutto ciò che significa pensare: non vi è più profondità né altezza." (Deleuze, op. cit.) . E' ciò a cui ci avvia Alice: l'Evento. L'Evento però è doppio perché compimento e contro compimento, effettuazione e controeffettuazione. Esso è personale ma al tempo stesso comprende le singolarità impersonali e preindividuali. E' azione del singolo, ma sbocco dell'azione storica del collettivo ed è qui utile aver presente il concetto jumghiano di inconscio collettivo... E' il doppio mantello di Antistene o di Diogene. Con Alice si pone il nuovo problema, ch'è quello della Filosofia contemporanea: "Come chiamare la nuova operazione filosofica, in quanto si oppone ad un tempo alla conversione platonica ed alla conversione presocratica?"(Deleuze, op. cit.). E', la domanda di fondo di Alice riformulata in "Logica del Senso".
francesco latteri scholten.